Orari di apertura: Lun-Sab: 09 - 12.30 a.m. 15 – 19 p.m. Dom. 09 - 12.30 am

Via Don S. Raffi, 30

43041 Bedonia PR

Tarsogno

Tarsogno

Tarsogno Tornolo PR
Parrocchia Santo Stefano Martire

Parroco: Don Ferdinando Cherubin
Tel. Cellulare: 329.7893026
Indirizzo e-mail: nando55@libero.it
Abitazione: Tarsogno
Chiesa Santuario Beata Vergine del Carmine
Oratori San Pietro alla Breva; San Rocco


Un po’ di Storia

La vostra solitudine

montagne

la vostra azzurra libertà

anelo

per istintivo moto,

le vostre acque

a le cui polle fresca la voluttà carezza

le mie labbra

e i salubri molteplici profumi I per cui l’aria odoro

come puledra giovane d’esperienza e d’emozione…

Sono le parole suggerite a Giovanna They dalla visione dei monti che circondano il Pagus Tarsuneus citato nella Tabula alimentaria di Velleia di epoca traianea, ovvero quel tertium signum che era terza tappa della Via Claudia, diretta a Lucca: Tarsogno, o “sogno del Taro” come orgogliosamente viene definito da chi lo abita e da chi lo ama.

Il paese sorge alle pendici del monte Zuccone, a 822 m. d’altitudine, in una zona ricca di acque oligominerali, (vi si trova lo stabilimento per l’acqua minerale «La Ducale»), che la leggenda vuole sia stata attraversata dall’esercito di Annibale.

Tra le famiglie che dominarono Tarsogno, (un tempo dotato di Castello), ricordiamo i Malaspina, i Fieschi, Conti di Lavagna, che nel 1202 lo vendettero al Comune di Piacenza, il quale a sua volta lo cedette in feudo ai Conti Lande di Compiano.

Ai tempi di Maria Luigia d’Austria (prima metà del secolo scorso), la posizione di confine tra Ducato di Parma e Regno di Sardegna rese Tarsogno un rifugio per disertori di varia provenienza e per contrabbandieri, i cosiddetti «spalloni»: essi “…andavano dai contadini, comperavano i polli a paia, riempivano le gabbie con circa 25 paia… se li caricavano sulle spalle e via sino alla destinazione, la Liguria: tutto a piedi, e nel ritorno si caricavano di nuovo di baghè piene di olio che riportavano ai contadini dai quali prendevano il pollame. Pensare che dei chilometri ne facevano.

Le osterie erano scarse; era una manna quando si potevano riposare un po’ e bere un buon bicchiere di vino nostrano e inzupparvi dentro un po’ di pane.

(…) Dove dovevano riposarsi, per lo più, cercavano una fonte per potersi dissetare e per intingere il pane nell’acqua fresca, perché era diventato duro per l’aria presa durante il cammino. Lì c’era anche la “posa” z per posare la gabbia e poterla riprendere sulle spalle con meno fatica.

Quando c’era una carovana di più spalloni, il primo appoggiava la gabbia sulla posa, poi aiutava gli altri, e così quando ripartivano”. ( Eugenio Camisa, Gli spalloni, in AA VV. La scuola di Tarsogno, a cura di L. Trombi, Parma 1975).

Altro mestiere tipico di Tarsognini e Tornolesi fino a qualche decennio fa era quello dello scudesen, artigiano che creava vari tipi di ceste, dette corbe, valli, cavagne, papere o sissole, a seconda della forma e del materiale che veniva intrecciato.

Proverbiali per la loro abilità nel commerciare, i Tarsognini hanno saputo adeguarsi ai tempi, facendo del loro paese uno dei centri turistici più rinomati della provincia, con numerosi ristoranti, alberghi e locali di intrattenimento.

Ne ricordiamo uno per tutti, ora purtroppo in completo abbandono: “La nave”, raro se non unico esempio di edificio costruito proprio a forma di imbarcazione.

Anche oggi Tarsogno continua ad essere un paese che richiama molti visitatori, soprattutto nel periodo estivo. Tra le attrattive offerte anche quella della buona cucina: particolarmente degne di nota le tradizionali testarelle di grano saraceno, originarie della Val Malenco e probabilmente portate in zona dalle truppe napoleoniche.

Il territorio di Tarsogno conta parecchie frazioncine e numerosi luoghi di culto: la nuova Chiesa Parrocchiale dedicata a S. Stefano, costruita negli anni ’50-’60 per iniziativa di Don Ettore Cogni; la Chiesa di S. Pietro; l’Oratorio di S. Rocco; il Santuario della Madonna del Carmine. Questi sono i templi più importanti: ma la devozione popolare ha disseminato l’intero paese di cappellette, maestà, lapidi votive.

Santuario della Madonna del Carmelo

Già verso la fine del 1700, i devoti tarsognini, guidati da Francesco Brigati, erano intenzionati ad edificare un tempio dedicato alla Madonna delle grazie, a lato dell’antica strada che da Tarsogno di sopra porta alla costa “detta del Carmelo” dove sorge l’oratorio di San Rocco. Dapprima vi fu eretto un pilone con una piccola nicchia contenente una statuetta della Madonna, poi fu la volta di una cappella con effigie della SS. Vergine dipinta su lastra di pietra (opera del pittore piacentino Giroldi, del quale si conservano altre opere del genere nelle cappellette di: La Breila, La Ravezza, I Chiodi, Tarsogno di sopra (Senato). Finalmente, nel 1833, fu portato a termine (non senza difficoltà di vario genere) il Santuario.

Il progetto, riveduto e corretto, e la direzione dei lavori furono dei capomastri tarsognini. Addirittura il tutto era stato iniziato (1831) senza alcuna licenza dell’autorità civile (governo di Maria Luigia), per cui venne sospesa la costruzione. Grazie all’intervento del Vescovo, che sostenne la causa di quella “brava gente”, furono ripresi i lavori e il Santuario fu inaugurato nel 1833, anno riportato sul fronte della cappella a fianco. Il portico, con massicce colonne di pietra lavorata, è del 1870. Nell’anno del primo centenario (1933, parroco Mons. G. Nestori), l’interno del Santuario venne completamente restaurato, valendosi dell’opera (affreschi) del pittore piacentino Luciano Ricchetti (1897-1977)